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PERCHE’ INVESTIAMO IN FORMAZIONE E INNOVAZIONE? QUALI SONO I VANTAGGI E I RISULTATI?

Immagine del redattore: Stefano AnzuinelliStefano Anzuinelli

Aggiornamento: 6 mag 2022

Nel corso degli ultimi sei mesi abbiamo partecipato a numerosi incontri, conferenze e forum internazionali nel settore educativo, sia superiore che accademico. Gestendo infatti i Licei Paritari Isaac Newton e la nostra business school accreditata dal sistema universitario svizzero, la Swiss School of Management, è prioritario mantenersi aggiornati in merito agli ultimi sviluppi e alle più recenti innovazioni nel nostro campo.

Di conseguenza, nonostante le limitazioni determinate dalla pandemia e le difficoltà a effettuare viaggi di lavoro, abbiamo continuato a viaggiare e incontrare scuole, istituzioni e università:


Novembre, Dubai, networking con scuole internazionali locali,

Dicembre, Abu Dhabi, networking con università e business school locali,

Gennaio, Singapore, networking con università e business school locali,

Marzo, Portogallo, Forum mondiale Businet con 150 università e scuole da 36 paesi,

Aprile, Singapore, IB Global conference una associazione di 5400 scuole, 1.950.000

studenti, 159 paesi.


Nel corso di questi appuntamenti internazionali, ci si confronta, ci si aggiorna, si dialoga e ci si espone alle più recenti innovazioni in ambito educativo. Soprattutto, ci si rende conto della velocità straordinaria alla quale i migliori sistemi educativi globali stiano viaggiando.



Inizierei l’analisi da un dato fondamentale inequivocabile per ogni educatore: il Programme for International Students Assessment (Programma Internazionale di Valutazione dei Sistemi Educativi) organizzato ogni tre anni dal 2000 da OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - OCSE). E’ questo uno studio che viene condotto sugli studenti tra i 15 e i 16 anni, su un campione di 600.000 ragazzi di 79 paesi su quattro aree cognitive: matematica, scienze, lettura e problem solving.


Senza entrare nel merito del sistema di valutazione e alle complesse norme che regolano questo processo analitico, prendiamo in esame i dati dell’ultimo test che risale al 2018 e i cui risultati sono stati resi disponibili nel 2019: Cina, Singapore, Macao e Hong Kong occupano stabilmente i primi posti della classifica. Nei primi 10 posti, compaiono tre paesi europei: Estonia, Finlandia e Polonia. I punteggi delle prime 3 nazioni sono mediamente oltre i 580 punti. Dove si colloca l’Italia in questa graduatoria? Purtroppo oltre il trentesimo posto, con uno score di 470 punti. Concedendo ovviamente che il test PISA non è uno strumento perfetto e molteplici sono state le critiche mosse allo stesso dalla prima edizione a oggi (difficoltà di comparare sistemi educativi, linguistici e culturali differenti, e ad apparenti incongruenze degli Studi PISA con altre indagini valutative internazionali analoghe), penso che il dato fondamentale sia il processo critico adottato dai singoli stati in funzione dei risultati stessi. In Germania, ad esempio, i risultati relativamente mediocri hanno creato un acceso dibattito politico sul sistema scolastico tedesco, portando negli ultimi anni a una riforma radicale del sistema scolastico nazionale.


E in Italia? Nonostante i preoccupanti risultati (gli studi hanno messo in luce gravi lacune nei giovani italiani al termine dell'obbligo scolastico, ben peggio della Germania), gli Studi PISA sono stati poco considerati sia dall'opinione pubblica che dalla politica. I risultati della prima indagine del 2000 sono stati resi noti alla pubblica opinione in Italia solo nel dicembre 2001.

Laddove si è discusso, ci si è spesso concentrati sulle critiche al metodo di analisi invece che sullo stato oggettivo dell'istruzione nel paese.



Ma passiamo oltre! Da ormai 16 anni, in tutti i forum e congressi a cui partecipiamo, si ripete incessantemente lo stesso appello, basato su molteplici studi e ricerche, ovvero che il sistema scolastico mondiale, nel suo complesso, è tuttora basato sulle necessità della società della seconda rivoluzione industriale della metà dell’Ottocento. Cerchiamo di spiegarci meglio per evitare di essere fraintesi. Programmi scolastici, metodi d’insegnamento e sistemi dì valutazione che oggi utilizziamo, sono ancora calibrati sulle necessità della seconda rivoluzione industriale, quando per lavorare in fabbrica, servivano doti quali l’ubbidienza, la docilità e l’apprendimento dì metodi lavorativi da ripetere acriticamente e all’infinito. Siamo all’incirca nel 1870. Cento anni dopo, e siamo nel 1970, si parla dì industria 3.0 (automazione, computer ed elettronica) e oggi dì industria 4.0 (sistemi fisici informatizzati, internet delle cose, reti dati).


Al contempo, molti esperti e studi (World Economic Forum 2020) ci segnalano costantemente che le doti che saranno necessarie nella società lavorativa e professionale del 2025 sono raggruppate in quattro aree fondamentali:


● Problem solving

● Self management

● Lavoro dì squadra

● Uso e sviluppo dì tecnologie digitali


Le caratteristiche richieste nelle nuove professioni (alcune delle quali peraltro non siamo ancora in grado dì definire) saranno quindi: flessibilità, pensiero critico e laterale, leadership, problem solving, team building, creatività, originalità, resilienza, tolleranza allo stress e, ovviamente, tantissima tecnologia digitale.



Come potere risolvere questa equazione complessa è la scommessa della scuola. Ma non del futuro. Di oggi. E siamo già in ritardo!


Dr. Stefano Anzuinelli

Licei Paritari Isaac Newton™

Founder & CEO

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