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Attenzione e misura: cosa ci insegna la nuova riforma della scuola

  • Immagine del redattore: Stefano Anzuinelli
    Stefano Anzuinelli
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

C’è una parola che attraversa silenziosamente le ultime riforme scolastiche, anche se non sempre viene pronunciata: attenzione. Attenzione nel senso di focalizzazione, ma anche di cura: verso ciò che si studia, verso sé stessi, verso gli altri.

Il messaggio di fondo che io leggo è lo stesso: stiamo cercando di restituire tempo e senso all’apprendimento. Una sfida non semplice, in un mondo in cui il flusso informativo è continuo e la tentazione di “scrollare” è costante.


Mani con in mano smartphones

Smartphone: tra regola e fiducia

Prendiamo, per esempio, il divieto di usare lo smartphone durante l’orario scolastico: è una misura che ha diviso, ma che può diventare occasione di dialogo. Non si tratta di demonizzare uno strumento che fa ormai parte della vita quotidiana, quanto di insegnare a dargli un posto, e non a subirne il ritmo.

La scuola può essere il luogo in cui si sperimenta la concentrazione come competenza, esattamente come si allena un muscolo. L’importante sarà accompagnare il divieto con un progetto educativo, non con un semplice controllo. Mostrare come la tecnologia possa essere usata in modo consapevole (in un laboratorio, in una ricerca guidata, in un confronto…) aiuta a comprendere che la vera competenza digitale non è “saper usare tutto”, ma saper scegliere quando e perché.


Maturità 2025

Anche la nuova maturità porta con sé un’idea educativa chiara: valutare il percorso, non solo la prestazione. Il ritorno del PCTO, la vecchia alternanza scuola-lavoro, come requisito d’ammissione e il peso maggiore dato alla condotta non sono solo regole: sono un invito a leggere lo studente nella sua interezza, non come somma di voti.

Fare esperienza al di fuori dell’aula aiuta a capire che imparare significa essere utili, mettersi alla prova, vedere cosa sappiamo fare davvero. Ma perché questo avvenga, serve che il PCTO non si riduca a un adempimento burocratico: deve trasformarsi in occasione di riflessione, capace di lasciare traccia.

Allo stesso modo, la condotta non dovrebbe diventare una misura disciplinare, ma un indice di partecipazione: come ascolto, rispetto dei tempi, collaborazione. Educare al comportamento è educare alla cittadinanza, non alla paura della sanzione.

In questo senso la maturità torna a essere non solo un traguardo, ma una prova di responsabilità: saper portare a termine un percorso, con coerenza e rispetto.


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Invalsi: tra numeri e significati

Infine, il tema delle prove Invalsi che entrano nel curriculum. Qui il rischio è quello di confondere la misura con il valore.

I dati sono utili: aiutano a capire dove migliorare, a individuare fragilità, a confrontarsi con standard comuni. Ma da soli non raccontano tutto: non spiegano la fatica di un percorso, la creatività di un progetto, la crescita personale di uno studente che ha imparato a studiare con metodo e fiducia.

L’educazione ha bisogno anche di narrazione, di parole che accompagnino i numeri. Per questo, accanto alle prove, servono spazi di riflessione, portfolio, colloqui che restituiscano la dimensione qualitativa dell’apprendimento. Solo così la valutazione diventa strumento di crescita, non di etichettatura.


Un filo comune: attenzione, misura, senso

Tra divieti, prove e criteri, potremmo rischiare di vedere solo la burocrazia. E invece la direzione è più profonda: aiutare ragazzi e adulti a riappropriarsi del tempo dell’apprendimento.

• Spegnere lo smartphone non è chiudere una porta, è aprire una finestra sull’ascolto.

• Riconoscere la condotta e il PCTO non è moltiplicare vincoli, ma dare peso alle esperienze che formano.

• Inserire gli Invalsi nel curriculum non è ridurre la scuola a un test, ma provare a rendere il percorso più leggibile e condiviso.

La sfida sarà non fermarsi al regolamento, ma trasformarlo in cultura. Ogni riforma vive nella pratica quotidiana: nel modo in cui insegnanti e studenti la abitano, la interpretano, la migliorano. La scuola resta il laboratorio più importante per imparare la cosa più difficile: dare senso alla libertà, una scelta alla volta.


Dr. Stefano Anzuinelli

Licei Paritari Isaac Newton™            

Founder & CEO

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