L’Università come spazio critico: il dovere dell’indipendenza in tempi complessi
- Stefano Anzuinelli
- 12 minuti fa
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Quando il presidente degli Stati Uniti d’America definisce Harvard “un’università da barzelletta”, il rischio è di fermarsi allo scalpore dell’affermazione e perdere l’occasione per riflettere su una questione molto più seria. In un’epoca in cui ogni parola viene politicizzata, anche l’Università rischia di diventare campo di battaglia invece che luogo di formazione.

Le parole di Donald Trump, riportate da ANSA nei giorni scorsi e da altri media in Italia e nel mondo, non sono solo una provocazione: sono lo specchio di un mondo in cui l’educazione viene giudicata non per la qualità del pensiero che genera, ma per la sua vicinanza o meno a certe ideologie. Inoltre, il fatto che una notizia su Harvard giunga fino a noi, ci fa capire quanto il mondo sia molto piccolo e quanto queste altisonanti Università siano un esempio anche per i nostri ragazzi.
Non entro nel merito della questione fondi e finanziamenti perché non mi compete, ma entro nel merito di un ruolo che l’Università non può e non deve abbandonare: insegnare a pensare con la propria testa. Non si tratta solo di trasmettere conoscenze, ma di formare cittadini critici, capaci di orientarsi in un mondo complesso, di distinguere i fatti dalle opinioni, e di non lasciarsi ingannare dalle semplificazioni.
La libertà accademica non è un privilegio, è un fondamento. Senza libertà, l’educazione si svuota di senso e diventa ripetizione. Insegnare davvero significa aiutare gli studenti a farsi domande, anche quando le risposte sono scomode. Significa prepararli non solo a un mestiere, ma a una cittadinanza attiva e consapevole.
In questo senso, l’università non deve piacere a tutti, ma deve essere utile a ciascuno: utile a diventare una persona più lucida, più aperta, più capace di leggere il mondo.
Grazie al mio ruolo che affianca i ragazzi dal Liceo fino all’Università, sento con forza questa responsabilità. I nostri studenti arrivano da ogni parte del mondo e viaggiano in tutto il mondo, scegliendo un’educazione che li prepari non solo a lavorare nel business globale, ma a viverlo con spirito critico, responsabilità e apertura.

Alla Swiss School Of Management insegniamo a muoversi nel mondo, a conoscere mercati diversi, culture diverse, modi diversi di fare impresa. Ma soprattutto insegniamo a non dare mai nulla per scontato, nemmeno le proprie idee. È questa la risposta migliore alla globalizzazione che viviamo: non subirla, ma capirla. Non chiudersi, ma attraversarla con strumenti solidi.
Ecco perché crediamo nei campus internazionali, nei programmi che fanno viaggiare gli studenti, che li mettono a contatto con esperienze reali, sfide professionali e umane. Non è solo un’esperienza formativa: è un modo per costruire un pensiero più libero, meno condizionato, più adatto a un mondo che cambia.
Non si tratta, in fondo, solo di Harvard o della Columbia. Si tratta anche di noi. Della scuola italiana, delle Università internazionali, delle scelte che facciamo ogni giorno quando decidiamo come – e cosa – insegnare.
Se c’è una crisi dell’Università, non è perché delude chi alza la voce, ma perché rischia di dimenticare la sua voce più profonda: quella che educa alla complessità, alla libertà e al dubbio.
È nostro compito difenderla, con pazienza e con coraggio.
Dr. Stefano Anzuinelli
Licei Paritari Isaac Newton™
Founder & CEO
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