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Immagine del redattoreStefano Anzuinelli

Generazione Z & Sanremo 2021: una fotografia del mercato



Sanremo è la più importante sagra della musica in Italia e, puntualmente, polarizza l’attenzione di milioni di noi, l’epicentro di un mondo produttivo musicale e discografico che in Europa rappresenta circa 82 miliardi di euro e che ogni anno fa emergere un’insofferenza verso la musica popolare. Una contrapposizione dogmatica che inizia nel 1951 con Nilla Pizzi e che è l’essenza della kermesse, l’ingrediente segreto per cui Sanremo è Sanremo.

La contrapposizione a Sanremo è prima di tutto una disputa tra innovazione e tradizione, vecchio e nuovo ed è antica, almeno quanto il festival stesso. Nel dopoguerra esistevano la canzone napoletana e le arie d’opera più celebri: le case discografiche hanno creato la tradizione italiana istituendo il festival che è fatto per promuovere il cantante di turno attraverso musica creata ad arte per piacere a tutti e a nessuno e che è fatto per il chiacchiericcio, per stare due giorni su un giornale e una settimana sugli schermi.

E allora, in nome della tradizione nostalgica, iniziano le ostilità tra melodia e ritmo, tenori leggeri e urlatori, disimpegno e cantautori, fino ad arrivare all’odierno conflitto che contrappone la musica impegnata di ieri da una parte, l’indie e la trap di adesso dall’altra. Apollineo e dionisiaco in salsa fusion pop!


Sanremo, contrapposizioni come la storia insegna

Dal martedì pomeriggio quindi si infiamma un florilegio di post, tweet, meme, gif, articoli, servizi TV tutti contro tutti: Maneskin vs CCCP, Berté vs Elodie, Achille vs Arisa! Uno stroboscopico garbuglio di partigianeria eufonica, una leggiadra faida di flame e hater che neanche il Conte di Carmagnola o la secchia contesa tra modenesi e bolognesi del Tassoni, quasi un anticipo di epici scontri tra ferraristi e lamborghinisti! Tutto godibilmente e profondamente italiano! E la tentazione di gettarsi a capofitto nella mischia è fortissima, con i pollici frementi sulla tastiera dello smartphone pronti a tifare o affossare, in puro spirito da contradaioli senesi!

Invece no! Bisogna guardare avanti senza “lotte di classe” all’interno del mondo culturale, come ho appreso dai miei liceali che hanno imparato a essere più aperti, accoglienti e gentili! Eh sì, perché la musica è una sola e non esistono più le differenze! Basta vedere la contaminazione in atto e come i nostri giovani dimostrino quanto importante sia che Mace collabori con Salmo e Blanco o Lazza con Dolcenera o Vinicio Capossela con Young Signorino! In un momento come questo, bisogna lottare tutti insieme perché ci siano più risorse per la cultura, evitando dissing fratricidi all’interno della filiera musicale.


Le generazioni Z digitano Sanremo

Aggiungiamo inoltre un importantissimo dato statistico che sta già dissestando il tradizionale modo di fruire dei contenuti del festival: in Italia il 92% del target 14 - 24 anni (la Generazione Z) utilizza uno smartphone per ascoltare musica e tale classe di età rappresenta il segmento di maggior consumo di musica oggi. Nella prima serata il festival ha raggiunto uno share del 71 % tra i ragazzi tra 14-24 anni e quasi il 64% su questo target in generale è avvenuta attraverso streaming su device digitali e relative app. Una crescita molto decisa nel segmento della generazione Z che ha poi avuto un impatto anche sulle interazioni social con una crescita del 31 % sul 2020 e 4 milioni di interazioni nelle ventiquattro ore. Ricordiamo che l’engagement dei 14-24 anni nello streaming musicale è dell’85% in Italia e pertanto questa crescita negli ascolti del Festival è un'importante e buona notizia.

Insieme ai miei allievi abbiamo costituito un gruppo di discussione fatto da alcuni studenti del 5° anno, particolarmente appassionati di musica e di cultura e controcultura pop e che hanno negli ultimi due anni affrontato un percorso di approfondimento delle origini dei generi a loro più vicini, muovendo i passi dalla beat generation di Kerouac e Ferlinghetti, all’underground degli anni ‘60, alla street culture del film del 1995 “La haine” di Mathieu Kassovitz e le relative influenze urban su Dutch Nazari e Willie Peyote, Marracash, Achille Lauro, Tedua e in “Thoiry” di Quentin 40. Abbiamo chiesto quindi di guardare il festival con occhio critico e vigile, assegnando i punteggi nelle tre categorie “Miglior Canzone”, “Migliore outfit e presenza scenica”, “Esibizione più trash”, mutuando i criteri di valutazione dal sistema già utilizzato dai 100 giurati dagli 11 ai 22 anni di Radioimmaginaria, l’unica emittente realizzata da teenager.

Ecco qui i risultati del nostro focus group, aggiornati a sabato pomeriggio!

Miglior brano:

1. Måneskin “Zitti e buoni”

2. Willie Peyote “Mai dire mai - La locura”

3. Madame “Voce”

3. Gaia e Lous & the Yakuza “Mi sono innamorato di te”

Miglior performance e outfit:

1. Maneskin (Etro)

2. Elodie (Versace, Oscar de la Renta, Giambattista Valli)

3. Achille Lauro (Gucci)

4. Zlatan Ibrahimovic (DSquared2, Brunello Cucinelli)

Esibizione più trash:

1. Max Gazzé

2. Extraliscio

3. Gio Evan e The Voice Senior

Una Polaroid sul Festival fatta da teenager aperti, freschi, liberi da condizionamenti e fruitori di contenuti digitali atipici per il popolo degli adulti! Avanti tutta e con brio!


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