Dopo due anni scolastici segnati dalla pandemia, che hanno messo in luce i limiti e le risorse del nostro sistema scolastico, è più che mai necessario un sussulto di creatività per “ri-mettere” le persone e le relazioni umane al centro dell’educazione.
Presso il nostro liceo e la nostra business school, abbiamo passato tutti i mesi estivi (settimana di ferragosto compresa) aprendo le porte e le classi a tantissimi ragazzi e ai loro genitori perché dove c'è la relazione si affronta qualsiasi fatica. La scuola infatti è aperta solo dove (e se) la relazione insegnante-discente è aperta. La Didattica Digitale degli ultimi due anni, se da un lato ha consentito il mantenimento di un flebile filo relazionale, dall’altro ha sancito lo stato grave di un paziente in fin di vita dove la relazione non c'era già prima; dove invece la relazione era viva, è stata un'occasione creativa per trovare soluzioni educative virtuose.
Da giugno a settembre, ho avuto l’opportunità di incontrare decine di studenti e di genitori alla ricerca di un colloquio, di una parola di conforto, di una soluzione alle ammaccature emotive lasciate dai colpi sferzanti e violenti di una grandinata virale che ha dissestato in profondità la naturale capacità adolescenziale di entrare in sintonia con i pari. Ho cercato con tutte le mie risorse di rinnovare e migliorare le mie capacità di ascolto e di entrare in empatia profonda con le persone, studenti e genitori.
Non si tratta qui di capire se la DAD funzioni, quanto comprendere che la relazione tra insegnanti e alunni deve essere generativa, cioè se questo rapporto riesca a far crescere! Ma come riusciremo in questo vitale compito a noi demandato se i nostri giovani sono emotivamente malnutriti e deperiti?
Noi adulti dobbiamo diventare più creativi e più gentili nei loro confronti, anche se queste qualità, in questo momento, mi pare vengano immobilizzate dalle nostre paure e dalle nostre inquietudini.
Si cresce cibando il nostro io profondo e maturare può essere un processo irto di sobbalzi imprevisti: piaceri, amori, lutti, dolori, amicizie, letture. Dobbiamo pertanto cercare di fornire ai giovani molteplici opportunità di “ri-nascita” e “ri-fioritura” visto che al momento si ritrovano in una condizione di narcolessia emotiva.
Ogni studente deve essere considerato nella sua unicità, ogni giorno e visto che i cambiamenti avvengono sempre dopo grandi periodi di crisi, il COVID ha evidenziato le lacune in essere da lungo tempo. Se gli insegnanti sono demotivati, studenti e famiglie divengono presto degli antagonisti e in tale processo, perdiamo fette di adolescenti che si disperdono in mille rivoli di abbandono scolastico e i dati italiani sono, purtroppo, sconfortanti!
Il dialogo con alunni e genitori è fondamentale e non può (e non deve) essere messo in relazione alle valutazioni e ai voti perché una ragazza, un ragazzo non è un voto, ma un essere in potenza. Chi si occupa di questo essere (genitori, professori, maestri, allenatori) deve conoscere i meccanismi di come riuscire nel compito di aiutante allo sviluppo. Per raggiungere un tale obiettivo ci vogliono però doti fondamentali quali la passione e l’amore e quindi dedizione sia di tempo che di atti che di pensieri ed emozioni.
Non si vuole introdurre, ovviamente, una scuola senza voti, anche se si deve spiegare l’errore perché diventi risorsa, e non giudizio e biasimo sulla persona. L’insufficienza diventa stimolo di crescita solo se lo studente sa di “essere di più” dell’esito e si impegna a “fare di più” solo se sa.
Solo se la scuola non è “fabbrica di voti” o “fucina di eccellenze” consente allo studente di divenire primo attore della conoscenza e l’interrogazione diventa un dialogo come una partita dopo l’allenamento. Il timore diventa consapevolezza, l’apprensione diviene curiosità e lo stress gara. Cerchiamo in tutte le maniere di eliminare la paura da questo nuovo anno di scuola, non per semplificare il compito educativo e pedagogico, ma per riscattare vite e non solamente voti poiché la conoscenza non può fiorire nell’angoscia del compito in classe o dell’interrogazione a sorpresa, ma nella gioia della scoperta.
Sono sempre più persuaso che quando esistono e si nutrono le relazioni, tutto diventa più facile. Perché, per citare le parole di Papa Francesco “a scuola non si matura solo attraverso i voti, ma attraverso i volti che si incontrano”.
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